Salute & Benessere. Anemia da carenza di ferro: cause e rimedi. L’intervista alla dott.ssa Di Marzo

Salute & Benessere – Lo Screening Anemia è un pacchetto di esami pensato per controllare la quantitĂ  di ferro e delle sue riserve nel sangue, così come i livelli di acido folico e vitamina B12. Il direttore di Irpiniatimes, dott.ssa Anna Vecchione, ha approfondito l’importanza del Check Up Anemia con la dott.ssa Francesca Di Marzo Capozzi, Responsabile Sanitario del Centro Polispecialistico Futura Diagnostica di Avellino, Corso Vittorio Emanuele 190.

Dottoressa, partiamo dalla definizione di anemia…

“La funzione principale dei globuli rossi nell’organismo è di trasportare ossigeno ai tessuti e per farlo, sia la sua delicata struttura che la produzione adeguata di emoglobina, sono regolate da una serie di attivitĂ  metaboliche che insieme alla continua disponibilitĂ  di vitamine, minerali e aminoacidi, fanno sì che la produzione sia costante. Un’alterazione delle funzioni che regolano il metabolismo del globulo rosso, o di altre attivitĂ  che regolano la sua deformabilitĂ , essenziale per permettergli di attraversare il circolo sanguigno, possono derivare da disordini della produzione e distribuzione dei globuli rossi, e causarne la distruzione accelerata. Il risultato finale di queste alterazioni è detto ANEMIA, cioè una diminuzione della concentrazione dell’emoglobina”.

Quanti tipi di anemia esistono?

“Se la classificazione delle anemie viene fatta in base al contenuto emoglobinico dei globuli rossi, l’anemia è definita ipocromica o normocitica, in base alle dimensioni degli eritrociti è definita normocitica, microcitica o macrocitica. Mettendo in relazione le diverse malattie con i meccanismi che le determinano, le anemie si possono classificare in base a due situazioni patologiche principali:

Alterazione della produzione degli eritrociti:

.  stati carenziali;

.  anemie ipoproliferative;

.  eritropoiesi inefficace.

Perdita eccessiva di eritrociti

.  emorragia;

.  emolisi.

La carenza di minerali come il ferro possono provocare anemia. L’anemia da deficit di ferro è caratterizzata dalla presenza di eritrociti ipocromici (per la ridotta produzione di emoglobina) e microcitici (perché la divisione cellulare continua per molti cicli producendo cellule più piccole). Le quattro principali sindromi anemiche sono:

1) anemia da carenza di ferro;

2) sindrome talassemica;

3) anemia da malattie croniche;

4) anemia sideroblastica”.

Come riconoscere l’anemia e quali sono le cause più comuni?

“E’ possibile caratterizzare le anemie e valutarne la gravitĂ  utilizzando dei parametri specifici come la concentrazione dell’emoglobina e l’ematocrito (questi due parametri sono infatti vincolati da un rapporto costante) e gli altri indici corpuscolari tutti ottenuti con l’utilizzo di strumenti automatici in grado di fornire tali valori con estrema precisione. L’efficienza della produzione eritrocitaria è invece valutata con il conteggio dei reticolociti che da una misura reale del numero di eritrociti funzionanti prodotti dal midollo osseo. Gli esami che di routine si effettuano per una prima diagnosi di anemia devono essere eseguiti con un prelievo fatto al mattino dopo almeno 12 ore di digiuno e sono: l’emocromo (per valutare come giĂ  detto l’emoglobina, l’ematocrito e gli altri valori corpuscolari), la sideremia ( cioè la quantitĂ  di ferro nel sangue ), la ferritina (una molecola che immagazzina, sotto forma di deposito, circa il 10/20% del ferro corporeo totale) la transferrina ( una proteina di trasporto specifica che lega il ferro assunto dalle cellule della mucosa intestinale e lo cede ai precursori dei globuli rossi ), l’acido folico e la vitamina B12 (la presenza della vitamina B12 e dell’acido folico è fondamentale nei processi di sintesi del DNA, entrambi sono composti non sintetizzati dall’organismo umano ma, la vitamina B12 da microrganismi e l’acido folico dai vegetali. La carenza di questi due elementi, per malassorbimento o deficit per carenze dietetiche, è la causa piĂą comune dell’anemia megaloblastica). La carenza di ferro è di sicuro la piĂą comune causa di anemia. Tra le varie cause da deficit di ferro ricordiamo: perdita di sangue (a qualsiasi etĂ  e per diverse cause, nelle donne in etĂ  fertile e con mestruazioni), deficienze nutrizionali (diete inadeguate, bambini, anziani), aumentate richieste di ferro (gravidanza, allattamento, adolescenza). L’anemia da carenza di ferro in genere si osserva nelle fasi della vita in cui c’è una maggiore richiesta di questo elemento, cioè nell’infanzia nell’adolescenza e durante la gravidanza. Perdite croniche di sangue invece si possono avere per cause di origine gastrointestinale o genitourinaria , piĂą frequenti negli anziani”. 

Quando può diventare preoccupante? Cosa succede se non si cura?

“Può diventare preoccupante quando si nota un decremento del ferro, e si sviluppa l’anemia perchĂ© si sono esauriti anche i depositi di quest’elemento nell’organismo. In questi casi i globuli rossi sono ipocromici e microcitici e la concentrazione dell’emoglobina diminuisce. Quando l’anemia da carenza di ferro è grave, si riduce anche il ferro tissutale e si possono osservare modificazioni anche a carico di tessuti come le unghie e la lingua, inoltre si va incontro a notevole stanchezza dovuta alla diminuita attivitĂ  di enzimi muscolari. Ci sono dei casi in cui si verifica un sanguinamento cronico dovuto spesso ad ulcere o gastriti, e il paziente può avvertire dolore ma non accorgersi della continua perdita di sangue, o ancora a diverticoli o ernia iatale o nel peggiore dei casi a neoplasie. Anche le perdite mestruali abbondanti possono causare deficit di ferro, oppure in caso di gravidanze consecutive si possono avere gli stessi effetti a causa dell’esaurirsi delle scorte di ferro. Tumori, calcoli o malattie infiammatorie a carico dei reni,  uretere o vescica, possono causare perdite di sangue con le urine. PoichĂ© nella carenza di ferro l’anemia è un sintomo non la malattia primitiva, si deve ricercare la causa primaria per poi impostare una terapia mirata e ricostituire la scorta di ferro necessaria all’organismo”.

Cosa fare se si è anemici?

“Quando si ha una diagnosi di anemia di sicuro sarà lo specialista a gestire l’eventuale assunzione di farmaci piuttosto che un’adeguata dieta alimentare, unita ad uno stile di vita regolare e a periodici check up rivolti a mantenere i valori ematici critici per la specifica anemia, sotto stretto controllo. Come già detto l’anemia non è che la manifestazione di una malattia che va diagnosticata partendo dal determinare il tipo specifico di anemia, a volte anche attraverso lo studio di uno striscio di sangue periferico o in molti casi può rendersi necessario esaminare un campione di midollo osseo. Quindi gli esami che il medico dovrà richiedere al laboratorio dipendono dal tipo di anemia e dalla sua possibile causa”.

Il Check Up Anemia consente al paziente di monitorare la quantità di ferro e delle sue riserve nel sangue. Ci sono degli accorgimenti da prendere prima dell’esame?
“In generale prima di un prelievo per un controllo delle anemie , è consigliato fare il prelievo al mattino e a digiuno da almeno 12 ore”.

Salute & Benessere. L’importanza del check up epatico, l’intervista al dott. Barbaruolo

Salute & Benessere – Check up epatico: monitorare la funzionalitĂ  epatica è importante. Quali sono i principali esami da effettuare per verificare la salute del nostro fegato e quali i campanelli d’allarme da non sottovalutare. Ne abbiamo parlato con il biologo del Centro Polispecialistico “Futura Diagnostica” di Avellino, il dott. Alessandro Barbaruolo, specialista in patologia clinica.

Check up epatico. Quali sono i principali esami da effettuare per verificare la salute del nostro fegato?

“Il fegato è la ghiandola piĂą grande del nostro corpo e svolge numerose funzioni determinanti nel mantenere l’omeostasi dell’organismo umano, in questo organo si svolgono e vengono regolate le principali vie metaboliche. Il fegato interviene nella sintesi e metabolizzazione di carboidrati, lipidi e proteine, nella clearance di metaboliti come la bilirubina e nella detossificazione da farmaci, quindi danni epatici causano l’alterazione di molti analiti plasmatici dosabili in laboratorio per la definizione del quadro clinico del paziente. Le alterazioni epatiche possono essere da danno acuto epatocellulare, da ostruzione del tratto biliare o malattie epatiche croniche, in particolare queste ultime sono spesso silenti fino alle fasi piĂą tardive ed irreversibili del loro decorso. Per questo motivo l’esecuzione periodica di un check-up attraverso gli esami di laboratorio capaci di definire lo stato di salute del fegato diventa estremamente utile per anticipare, eventualmente, il riconoscimento e la caratterizzazione del tipo di lesioni presente nell’organo. Esistono diverse categorie di marcatori sierologici utili per l’esplorazione della fisiopatologia epatica, i principali sono:

  • Marcatori di citolisi i quali danno informazioni sull’integritĂ  anatomica e funzionale degli epatociti. Un innalzamento dei livelli di questi enzimi nel siero analizzato indica l’esistenza di un processo necrotico degli epatociti. A questa categoria appartengono: alanina aminotrasferasi (ALT, GPT), aspartato aminotrasferasi (AST, GOT), gamma-glutamil-trasferasi (Îł-GT), lattato deidrogenasi (LDH). ALT è presente soprattutto nel fegato e nei reni a differenza di AST che invece abbonda anche in altri organi come il cuore e il muscolo scheletrico, da ciò ne consegue che ALT è un marcatore di danno epatico con piĂą alta specificitĂ .
  • Marcatori di colestasi: fosfatasi alcalina (ALP), un eventuale aumento di questo enzima può essere indice di colestasi biliare o di epatopatie acute, gamma-glutamil-trasferasi (Îł-GT), bilirubina totale e frazionata.
  • Marcatori di protidosintesi i quali permettono di valutare il numero di epatociti ancora funzionanti dopo eventi di necrosi o lesioni. A questa categoria appartengono: albumina (particolarmente utile nella diagnosi di patologie cirrotiche), pseudocolinesterasi tempo di quick o PT, questo parametro dĂ  una valutazione della funzionalitĂ  epatica in quanto i fattori della coagulazione che lo vanno a determinare sono fattori vitamina K dipendenti la cui sintesi avviene ad opera del fegato.
  • Marcatori di coniugazione: bilirubina totale e frazionata (coniugata e non coniugata). E’ un marcatore che consente di diagnosticare un’eventuale ostruzione epatica o post-epatica ma anche indice della capacitĂ  del fegato di detossificazione mediante glicurono-coniugazione. Una concentrazione di bilirubina nel sangue superiore a 1 mg/dL viene definita iperbilirubinemia, quando questo valore sale in un range compreso tra 2 e 2,5 mg/dL si ha una manifestazione evidente della condizione patologica definita ittero.

Ci sono anche altri marcatori di danno epatico, tra questi citiamo, l’Ammoniemia che aumenta in condizioni di grave insufficienza epatica e l’Alfa-fetoproteina la quale è un marker di tumore primitivo del fegato. Ovviamente è importante ricordare che la maggior parte dei parametri ematochimici possono assumere un significato ambiguo, nel senso che essi possono risultare alterati non soltanto in corso di malattie epatiche, ma anche in presenza di affezioni di altri organi ed apparati e, quindi, i risultati analitici ottenuti devono sempre essere interpretati criticamente”. 

Monitorare la funzionalità epatica è anche prevenzione……..ma perché ci si sottopone a questi esami e quali sono i sintomi di eventuali alterazioni, insufficienze, infezioni….

“Il controllo degli analiti precedentemente elencati che descrivono lo stato di salute del fegato va eseguito con cadenza, generalmente, annuale in soggetti sani senza alcuna sintomatologia come attivitĂ  di prevenzione. Diversa è invece la situazione nelle persone che manifestano particolari condizioni fisiologiche o sintomatologie che fanno sospettare patologie a carico del fegato, in questi casi gli esami fino ad ora descritti non solo sono strettamente necessari ma aumenta anche la frequenza con cui devono essere ripetuti. Tra i sintomi associabili ad epatopatie ci sono: stanchezza, perdita di peso, perdita di appetito, colorazione delle urine chiara o scura, nausea, vomito, vene varicose, ipoglicemia, febbricola, dolori muscolari. Tra le principali cause di malattie del fegato ci sono le infezioni virali, abuso di sostanze tossiche (primo tra tutti l’alcool), disordini metabolici, patologie neoplastiche e alterazioni delle vie biliari intra ed extra epatiche. Le epatiti sono una delle condizioni patologiche piĂą frequenti a carico del fegato, possono essere acute o croniche e l’eziologia può essere di natura alcolica o virale. Nelle epatiti si riscontra un drastico incremento di ALTAST, quando raggiungono valori 100 volte maggiori rispetto a quelli normali siamo generalmente in presenza di danno epatico acuto da dano ischemico o da sostanze tossiche. Nelle epatiti i livelli di ALT sono usualmente piĂą alti rispetto ad AST, fatta eccezione per l’epatite alcolica. Nelle epatiti croniche i valori di ALT hanno un’indicazione prognostica, perchĂ© ad esempio nell’epatite cronica da hcv se i valori di ALT si normalizzano e non restano alti nel tempo si ha un quadro istologico di minore infiammazione e una minore progressione verso lo stato cirrotico. Le epatiti possono essere quindi anche conseguenza d infezioni virali (HAV, HBV, HCV), in questo caso vengono eseguiti test specifici per definire se si è in presenza di epatite A, epatite B o epatite C.

Gli esami indicati sono:

Ac IgM anti-epatite A

Antigene di superficie dell’epatite B (HBsAg)

Ac IgM anticore dell’epatite B (IgM anti- HbC)

Anticorpi contro il virus dell’epatite C e la ricerca mediante PCR ( Polymerase Chain Reaction) dell’epatite C RNA. Se viene diagnosticata l’epatite B si esegue la titolazione dell’antigene e HBeAg e il dosaggio dell’anticorpo core (HBcAb). L’anticorpo anti-HBS compare settimane o mesi dopo l’infezione, quando giĂ  c’è stata la guarigione clinica, e quindi è un’indice di una pregressa infezione e relativa immunitĂ . Un’ulteriore complicanza associata ad infezione da HBV e HCV può essere l’insorgenza di carcinoma primitivo del fegato. Dopo anni di epatite o di abuso di alcool purtroppo la conseguenza quasi inevitabile è l’insorgenza della cirrosi epatica dove nel fegato si forma uno strato di tessuto fibroso e cicatriziale con effetti spesso letali”.

 Parliamo delle persone a rischio di patologia epatica

“Da quanto discusso fino a questo punto è facilmente intuibile che tra i soggetti ad alto rischio di sviluppare malattie del fegato ci sono coloro i quali adottano uno stile di vita poco equilibrato, primi tra tutti i consumatori di elevate quantitĂ  di alcool, o soggetti che a causa di altre malattie sono costretti un utilizzo prolungato di farmaci. Oltre a fattori esogeni, però, le patologie epatiche possono avere anche una base genetica, e quindi tra i soggetti a rischio ci sono individui che portano condizioni predisponenti all’interno del loro stesso DNA.

Le piĂą comuni epatopatie su base genetica sono:

  • Emocromatosi che è una malattia ereditaria causata dall’accumulo di ferro nell’organismo, il marker di scelta per la diagnosi di emocromatosi è il dosaggio dei livelli di transferrina satura.
  • Glicogenosi di tipo II, malattia ereditaria caratterizzata dall’accumulo di glicogeno nel muscolo scheletrico, nel sistema nervoso, nel cuore e nel fegato. Nota anche come malattia di Pompe è dovuta al deficit dell’enzima alfaglucosidasi necessario allo smaltimento del glicogeno nei mitocondri.
  • Sindrome di Gilbert, questa non è una condizione patologica, ma è un disordine genetico caratterizzato da un incremento della bilirubina, i soggetti portatori di questa condizione sono assolutamente asintomatici.

Un’altra condizione patologica del fegato abbastanza comune è la Steatosi epatica non alcolica, in questo caso i soggetti obesi sono quelli a piĂą alto rischio di sviluppare questa malattia che è dovuta ad un sovraccarico del metabolismo delle cellule del fegato con accumulo di grasso all’interno dell’organo”.

Dottore, cosa bere e mangiare per purificare il fegato?

“Come è stato ampiamente chiarito fino a questo momento l’insorgenza di patologie epatiche è fortemente influenzata dalla qualitĂ  della vita che l’individuo conduce, quindi scegliere una dieta equilibrata sicuramente aiuta a prevenire o a ridurre la possibilitĂ  di insorgenza di queste malattie. In generale è consigliabile bere due litri di acqua al giorno ed evitare cibi fritti e ricchi di grassi saturi (olio di palma, formaggi grassi, insaccati..). La depurazione del fegato è invece aiutata da un’alimentazione costituita prevalentemente da cibi ricchi di fibre solubili (cereali, legumi, semi oleosi, ecc…) e non solubili (frutta secca, crusca, riso integrale), che aiutano a smaltire le sostanze di scarto. Un effetto benefico sulla salute del fegato è indotto anche da alimenti ricchi di antiossidanti e grassi buoni come gli omega3 che favoriscono lo smaltimento delle tossine in eccesso da parte del fegato. Tra gli altri cibi che hanno un importante effetto depurativo si possono annotare la curcuma, mirtilli, Kiwi, barbabietola, ravanelli e finocchio”.

Prima del prelievo è necessario adottare degli accorgimenti?

“Non ci sono particolari accorgimenti da mettere in atto, se non rispettare un periodo di digiuno di 6-8 ore prima del prelievo”.

Il costo del Check up epatico…

“Il nostro laboratorio, che pone il suo focus sulle esigenze dei pazienti,  in questo periodo in cui l’ASL ha fortemente ridotto i fondi per garantire le prestazioni in convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale agli utenti, propone ad un costo facilmente accessibile (35 euro) un pacchetto di esami che assicura un check-up epatico molto approfondito, utile sia a chi volesse fare dei monitoraggi di prevenzione,  sia a chi ha la necessitĂ  di eseguire il follow-up di particolari condizioni patologiche giĂ  precedentemente diagnosticate. Il pacchetto che abbiamo messo a punto per i nostri pazienti contiene il dosaggio dei seguenti analiti:

  1. Emocromo
  2. ALT/GPT
  3. AST/GOT
  4. AMILASI
  5. GAMMA GT
  6. BILIRUBINA TOTALE 
  7. SIDEREMIA
  8. FOSFATASI ALCALINA
  9. FIBRINOGENO
  10. HBSAG
  11. HCV ABS
  12. URINE”.

Fonte: irpiniatimes.it

Salute & Benessere. Spermiogramma, dott.ssa Di Marzo: “Esame utile per valutare fertilità maschile”

Salute & Benessere – Attraverso lo “Spermiogramma” si analizza il liquido seminale per valutare la qualitĂ  degli spermatozoi. Ä– uno strumento basilare nella valutazione della fertilitĂ  maschile e costituisce la prima indagine diagnostica da effettuare dopo alcuni tentativi falliti per ottenere una gravidanza in modo naturale. La “Futura Diagnostica”, sita in Corso Vittorio Emanuele 190, ad Avellino, si avvale di un nuovo strumento  per la lettura automatizzata dello sperma, seguendo le linee guida WHO 2010. A fornire ogni informazione utile su questo tipo di esame, la dott.ssa Francesca Di Marzo Capozzi, Responsabile Sanitario del Centro Polispecialistico.

Dottoressa, che cos’è uno spermiogramma? Come si effettua questo tipo di esame?

“Lo spermiogramma è un esame che si esegue per valutare la fertilità maschile mediante lo studio del liquido seminale, cioè la sospensione di spermatozoi nella secrezione dei testicoli e degli epididimi, che insieme alla secrezione prostatica, delle vescichette seminali e delle ghiandole bulbo-uretrali, forma un fluido viscoso che costituisce l’eiaculato da esaminare. Al paziente si richiede di effettuare la raccolta del campione di liquido seminale per masturbazione, in un contenitore pulito di plastica , ed è importante che il campione sia completo per non perdere la prima parte dell’eiaculato, e di consegnarlo entro un’ora dalla raccolta. Dal momento che il campione arriva in laboratorio si effettua una prima valutazione macroscopica per misurare il volume, il ph, e valutare la fluidificazione ,la viscosità e il colore. Si procede, poi, con il prelevare una piccola quantità che verrà utilizzata per l’analisi strumentale, e dopo pochi minuti  verranno forniti tutti i pararmetri necessari per la diagnosi ed un video in tempo reale degli spermatozoi nel liquido in esame, che ovviamente può essere messo a disposizione del paziente. Nel nostro laboratorio, per eseguire lo spermiogramma, utilizziamo un analizzatore automatico di alta risoluzione, con un software aggiornato alle nuove norme dell’WHO. Il risultato è un referto che analizza 4 dati chiave del campione per una corretta diagnosi: Ph-concentrazione-morfologia-motilità”.

Le risposte fornite dallo spermiogramma sulla capacità riproduttiva sono definitive, cioè sono riferite a tutte le eiaculazioni?

“No, non sempre sono definitive perchè per poter effettuare una corretta diagnosi di fertilità o infertilità si parte con l’esaminare due campioni di liquido seminale del paziente e l’intervallo tra le due raccolte non dovrà essere inferiore ai 7 giorni o superiore a 3 settimane. Si possono trovare risultati marcatamente discordanti nei due campioni, in questo caso si valuta di ricorrere ad un esame addizionale, questo perchè nello stesso individuo potrebbero verificarsi delle sensibili variazioni dovute sia alla funzionalità dei testicoli, che potrebbero non lavorare in modo costante, sia a particolari condizioni psicologiche e ambientali al momento della raccolta”.

Affinché i risultati dello spermiogramma siano attendibili è fondamentale che l’esaminato rispetti alcune norme basilari. Quali?

“Si esistono delle procedure standard, codificate, che costituiscono le tappe indispensabili dell’analisi del liquido seminale. Il campione deva essere raccolto dopo un periodo di astinenza sessuale di non meno di 48 ore e non più di 7 giorni, inoltre come già detto si ottiene mediante masturbazione e raccolta in un contenitore di plastica pulito, consegnato in laboratorio entro un’ora al massimo dalla raccolta. La raccolta deve essere completa per evitare di avere risultati falsi negativi, inoltre bisogna proteggere il campione sia dalle alte che dalle basse temperature (inferiori a 20 gradi e superiori a 40 gradi). Il personale del laboratorio deve procedere all’analisi osservando delle norme precise di manipolazione per non alterare il campione. Si capisce che ci sono delle regole da rispettare dalle quali dipende la buona riuscita dell’esame, che riguardano sia il paziente che l’esecutore dell’esame”.

Quando è necessario sottoporsi a questo tipo di esame?

“E’ necessario fare lo spermiogramma sia in caso di diagnosi di varicocele, affichè si possa monitorare la capacità di produzione di spermatozoi nel tempo prima di procedere ad un intervento, sia nel caso di coppie che trovano difficoltà nel concepire un figlio, per valutare appunto se sia dovuta ad eventuale infertilità maschile”.

Quali sono i parametri da valutare?

“Per fecondare l’ovocita il liquido seminale dovrĂ  avere requisiti che rispondono a criteri precisi di volume e ph, numero di spermatozoi , di motilitĂ  e di morfologia. I criteri che devono essere rispettati sono i seguenti: volume > 1,5 ml , ph  > 7,2 , concentrazione spermatozoi(milioni/ml) 15 M/ml , numero totale di spermatozoi  39M , motilitĂ  totale 40% , morfologia 4%. Un referto completo deve contenere oltre ai dati che riguardano la parte puramente chimica, anche quelli che ci dicono in maniera dettagliata che tipo di motilitĂ  hanno gli spermatozoi contati nel campione e in quale percentuale, e parametri dettagliati riguardanti la morfologia dei singoli spermatozoi. Ad esempio si valuta in percentuale la velocitĂ  progressiva, non progressiva, e l’immobilitĂ . L’andamento lineare o meno degli spermatozoi o addirittura la loro immobilitĂ  ,calcolata in percentuale sul totale, può dare allo specialista un’indicazione importante ed inoltre i dettagli della morfologia degli spermatozoi, intesi come forme della testa o della coda ,possono dare altre indicazioni  riguardo la riuscita o meno della fecondazione dell’ovocita”.

Il costo dell’esame?

“E’ un esame non mutuabile, quindi privato. Il costo è di 100 euro”.

Fonte: irpiniatimes.it

Salute & Benessere. HIV, dott. Peluso: “Strategie terapeutiche efficaci a garantire una buona qualità di vita”

Per un nuovo appuntamento di “Salute & Benessere”, abbiamo approfondito l’argomento “HIV” con il dott. Pasquale Peluso, responsabile del Settore Biologia Molecolare del Centro Polispecialistico “Futura Diagnostica” di Avellino.

Dottore, parliamo dell’HIV. Che tipo di virus è e come avviene la trasmissione…

“L’HIV, virus dell’immunodeficienza umana, è un RNA virus che attacca e distrugge i globuli bianchi ed in particolare i linfociti CD4, responsabili della risposta immunitaria dell’organismo. In tal modo, il sistema immunitario, viene indebolito fino ad annullare la risposta contro virus, batteri, protozoi, funghi ed alcuni tipi di tumori. L’HIV si può trasmettere solo venendo a contatto con i liquidi biologici di individui infetti. L’infezione si verifica quando il patogeno contenuto in uno di questi liquidi, riesce ad entrare nel corpo di un’altra persona attraverso piccole ferite della pelle o lesioni delle mucose anche non visibili. Le vie di trasmissione sono:

– sessuale: quando si viene a contatto con sperma e secrezioni vaginali attraverso rapporti etero od omosessuali non protetti da alcun metodo di prevenzione;

– ematica: attraverso sangue e suoi derivati, mediante scambio di siringhe o strumenti usati per assumere sostanze psicoattive, tramite trasfusioni di sangue o emoderivati infetti;

– verticale: infezione da madre a neonato durante la gestazione, nel momento del parto o anche, seppur raramente, attraverso l’allattamento”.

Non esiste ad oggi alcun vaccino per la prevenzione dell’infezione da HIV ma per ridurre il rischio, possono essere presi degli accorgimenti…

“Dopo il contagio, è possibile vivere per anni senza alcun sintomo ed accorgersi dell’infezione solo al manifestarsi di una malattia. Pertanto, mediante l’utilizzo di poche e semplici precauzioni, si può ridurre o addirittura annullare il rischio di essere contagiati da una persona apparentemente sana. Con riferimento alla trasmissione ematica, bisogna evitare l’uso in comune di siringhe, aghi o altro materiale usato per l’iniezione di sostanze. Quando ci si sottopone ad iniezioni, agopuntura, tatuaggi e piercing, bisogna assicurarsi che gli aghi utilizzati siano monouso. Per l’uso di sangue e suoi derivati o per trapianti di organo ed inseminazione artificiale, si ricorda che tutti i paesi europei effettuano rigorosi screening al fine di escludere l’eventuale presenza di HIV. Per evitare la trasmissione per via sessuale si raccomanda di condurre una relazione monogama o esclusiva, in cui entrambi i partner siano sieronegativi all’HIV e non abbiano altri comportamenti a rischio al di fuori della coppia. Nel caso di rapporti occasionali, si consiglia di evitare comportamenti sessuali a rischio e di utilizzare sempre il profilattico, dall’inizio alla fine dell’atto. Si sottolinea che, anche un solo rapporto non protetto, potrebbe essere fonte di contagio”.

Sono tante le persone con HIV che vivono in Italia e molte di queste non sanno di essere positive. Come avviene la diagnosi e presso il Centro Futura Diagnostica, quale tipo di esame o test viene effettuato?

“Come accennato in precedenza, non sempre ci si accorge di aver contratto la malattia. L’unico modo per scoprire l’infezione è quello di sottoporsi ad un test diagnostico. Attualmente esistono vari tipi di esami che danno risposte certe in caso di comportamento a rischio:

– i test di III generazione, ricercano solo gli anticorpi anti HIV e mettono in evidenza l’avvenuta infezione dopo 3/4 settimane dall’episodio a rischio;

– i test di IV generazione (test combinati), ricercano gli anticorpi anti HIV prodotti dagli individui e parti di virus, come l’antigene p24. Tali test, riescono ad evidenziare l’infezione dopo soli 20 giorni.

Tra il momento del contagio e la positivizzazione del test HIV, intercorre il cosiddetto “periodo finestra”, variabile da 40 a 90 giorni. In questo periodo, anche se il soggetto risulta negativo al test, è comunque già in grado di trasmettere l’infezione. Presso il nostro centro, si effettuano entrambi i test diagnostici sopracitati”.

Dottore, ci sono vari stadi dell’infezione?

“L’Aids identifica lo stadio clinico avanzato dell’infezione da HIV. E’ una sindrome che può manifestarsi nelle persone con HIV anche dopo diversi anni dall’avvenuto contagio. Infatti, le cellule CD4 del sistema immunitario, calano drasticamente e l’organismo perde la sua capacitĂ  di combattere anche le infezioni piĂą banali, causate da agenti patogeni di tipo opportunistico.  Parliamo di protozoi (toxoplasma etc..), batteri (mycobacterium tuberculosis), virus (herpes simplex e cytomegalovirus), funghi (candida albicans) e anche di alcuni tipi di tumori tra cui linfomi, sarcoma di Kaposi e carcinoma del collo dell’utero”.

Grazie agli enormi passi in avanti fatti nel trattamento dell’HIV negli ultimi trent’anni, questa condizione si può finalmente definire come una malattia cronica e non più una malattia mortale…

“A partire dal 1987, sono stati introdotti farmaci ad azione antiretrovirale, i quali sono capaci di bloccare la riproduzione del virus nelle cellule, riducendone la quantità circolante nell’organismo. Nel corso degli anni, a causa della forte tendenza alla mutazione dell’HIV, sono stati trovati farmaci sempre nuovi ed efficienti, che vengono somministrati anche contemporaneamente (terapia combinata). In questo modo, si cerca di controllare e rallentare la crescita del virus, in modo da non arrivare allo stadio di Aids conclamato. Occorre tuttavia tenere presente che le attuali strategie terapeutiche, anche se molto efficaci, non consentono la guarigione dall’infezione ma permettono di tenerla sotto controllo, garantendo una buona qualità di vita con aspettative analoghe a quelle di un individuo non infetto”.

Concludiamo con il costo dell’esame presso il Centro Futura Diagnostica…

“Il costo dell’esame è di 15,00 euro”.

Fonte: irpiniatimes.it